Perchè l’Enkir da Rondano?
L’Enkir e lo Shebar altro non sono che il piccolo farro o monococco, cioè un tipo di frumento antico appartenente al Genere Triticum, Specie monococcum (la nomenclatura binomiale del’Enkir e dello Shebar corrisponde aTriticum monococcum).
“Enkir”
e “Shebar” sono i marchi registrati di prodotti coltivati in Piemonte e
nel Bresciano. Il sostantivo “Enkir” è ipoteticamente estrapolato dal
nome tedesco del cereale, ovvero “ein-korn” (che significa “grano
singolo”). Questo nome è utilizzato per indicare sia il monococco, sia
il suo predecessore, ovvero il Triticum boeticum.
Il
piccolo farro è considerato da molti il grano più antico ad oggi
reperibile sul mercato, quindi il progenitore di tutte le varietà
attualmente impiegate in agricoltura (anche se, come abbiamo appena
specificato, il vero progenitore dovrebbe essere la Specie boeticum).
Tali considerazioni nascono dal fatto che si tratta di una pianta
ancora predisposta alla nascita spontanea, il che la rende estremamente
semplice da coltivare (grazie alla naturale resistenza verso parassiti,
patogeni, siccità e povertà del terreno). Il monococco è ipoteticamente
originario del Medio Oriente, più precisamente dell’area definita
“mezzaluna fertile”; i primi reperti archeologici (riferiti alboeticum o al monococcum) indicano che si tratta di una graminacea coltivata da 9500 anni orsono.
Dal
punto di vista nutrizionale, l’Enkir e lo Shebar si distinguono dai
vari ibridi di frumento per l’alto contenuto proteico, nonostante il
basso apporto di glutine (circa
il 7%). Non si tratta dunque di un cereale particolarmente idoneo alla
produzione di composti lievitati, vista la scarsa forza (W) della farina che se ne ricava.
L’Enkir
e lo Shebar sono abbastanza costosi (al dettaglio, le farine costano
circa 4,50€/kg), poiché rappresentano il frutto di selezioni botaniche e
vengono prodotti nel rispetto del disciplinare “Biologico”. In realtà,
per le ragioni sopra descritte, l’Enkir e lo Shebar dovrebbero essere
più semplici da coltivare ANCHE in assenza di trattamenti particolari.
Tuttavia, possedendo un ciclo vegetativo molto lungo e producendo pochi
semi, si tratta di cerealidalla rendita piuttosto scarsa (a giustificarne il costo maggiore).
Salubrità dell’Enkir
Secondo una ricerca intitolata “Lack of intestinal mucosal toxicity of Triticum monococcum in celiac disease patients“,
pubblicata sullo Scandinavian Journal of Gastroenterology 41 (11):
1305-1311 (Pizzuti, D.; Buda, A.; d’Odorico, A.; d’Incà, R.; Chiarelli,
S.; Curioni, A.; Martines, D. – 2006), il glutine dell’einkorn (piccolo
farro) NONdovrebbe essere tossico per la mucosa intestinale dei soggetti affetti da celiachia (intolleranti al glutine). Tuttavia, ad oggi, NON figura ancora tra gli alimenti raccomandati nelle diete “gluten-free“.
Le farine di Enkir e Shebar sembrano contenere ottime quantità di ceneri (sali minerali) e di vitamine, anche se con la cottura buona parte di questi nutrienti viene dispersa/diluita o inattivata per termolabilità.
Non
sono disponibili altre informazioni nutrizionali più accurate per
determinare le differenze sostanziali tra la farina di Enkir o di Shebar
e quella bianca di grano tenero o duro.
tratto da articolo su my-personaltrainer.it
Cristiana e
“al Bagnët dal Re Vitòrio”
Parliamo
di un fatto avvenuto a metà del XIX° secolo nella Corte reale
piemontese…in quegli anni i ricchi palazzi nascondevano storie bislacche
e trame spesso oscure; lì la fedeltà regale alle proprie consorti era
quantomeno occasionale nondimeno quella delle consorti stesse che, per
dirla tutta, non amavano farsi solo guardare….
In una di quelle sfarzose dimore un’affascinante Contessa si
concesse una scappatella con un bell’Ufficiale prussiano in visita a
Torino. Sembrava tutto risolto all’interno dell’omertosa corte quando la
natura tirò un brutto scherzo…un possibile erede ariano bussò alla
porta dei Conti: tutto questo era inaccettabile, il Re ne sarebbe stato
furente, ed alla sventurata Contessa venne concesso di portare a termine
la gravidanza con l’obbligo di “liberarsi” del nascituro.
Così fu.
La
creatura, un innocente femminuccia, venne portata in tutta fretta
all’orfanotrofio più discreto di Torino e qui dimorata. Passarono alcuni
mesi e bimba Antonietta (diminutivo
di Antonia) venne concessa in adozione ad una coppia monferrina che la
crebbe amorevolmente con i propri figli nella semplicità delle terre
rudi ma nella consapevolezza della sua nobiliare stirpe. Passò intanto
il tempo… raggiunta la maggiore età la bella Antonietta, preso il
cognome di Alice, decise di sposarsi con un altrettanto bel giovane di
Cantavenna, tale Rondano Paolo dettoLino (da Paolin – 1868), proprietario
di un antico forno da pane di famiglia. Quando la Contessa (madre
genitrice) della piccola Antonietta seppe che la sua figlioletta era in
procinto di prender marito volle offrirle la giusta dote. Venne fissato
un incontro presso l’orfanotrofio in cui parecchi anni prima fu
lasciata…lì l’Antonietta non volle incontrare privatamente la sua
genitrice se non per soli due minuti adducendo: “…ella non mi volle
nascitura…io non la vorrò per tutta la vita …concederò due soli minuti
di rispetto!”
Nessuno
ad oggi sa con precisione cosa fecero o si dissero madre e figlia in
quel brevissimo lasso di tempo, certo è ch’ella rifiutò categoricamente
ogni dote da parte della madre. Leggenda famigliare vuole che in quei
due minuti, non potendo lasciare nulla di suo alla figlia, la Contessa
donò una segretissima ricetta di una salsa speciale cui andava
totalmente “pazzo” il Re…dicendo “se nulla vuoi di me, tieni questa
..che porti felicità e denaro almeno alla tua progenia.”
La
ricetta rimase nelle tradizioni orali di famiglia per molto tempo…poi
così come comparve…non si sa bene quando…scomparve; i tempi cambiarono
ed i gusti con essi.
Così venne il giorno in cui, generazioni dopo, la brava e bella Cristiana (moglie di Virgilio, figlio di Paola, figlia di Pinin, figlio di Lino,ereditario del forno di famiglia in Cantavenna) ormai divenuta cusinera ufficiale
della Gastronomia e totalmete all’oscuro dell’intricata storia
famigliare dei Rondano, modifica con sapiente moderazione e spiccata
fantasia la classica ricetta del Bagnët verd per
renderla ancor più appagante….ebbe subito un travolgente
successo…nessuno mai le suggerì cosa fare e come farlo, l’intuizione
venne fuori così …d’istinto. Passò il tempo quando, nel 2007,
scartabellando tra gli appunti e le ricette di famiglia saltò fuori un
appunto, scritto un po’ male a lato di un’altra ricetta, lascito della
Nonna Carla, quasi senza peso descrittivo…era un appunto sulla ricetta
della salsa che fu…era strabiliantemente coerente con l’intuizione di
Cristiana. Lì per lì pur notando la coerenza non si diede troppo peso a
quello stralcio di ricetta e venne nuovamente riposta nel suo giaciglio;
oggi dopo traslochi frettolosi, archiviazioni del materiale poco curate
o chissà per quale altro motivo, quell’appunto è nuovamente e
misteriosamente scomparso… o forse si è soltanto nascosto capendo la sua
momentanea inutilità; forse ricomparirà più avanti nel tempo quando
anche di questa ricetta probabilmente non si saprà più nulla…
Non
sono date a sapere le trame del destino che hanno condizionato la
perspicacia e la lungimiranza della Contessa, la fermezza di Antonietta,
le intuizioni di Cristiana, il mistero della nuova scomparsa, i
significati delle coincidenze e le suggestioni di questa storia quasi
fantastica…. quello che abbiamo ritenuto giusto fare per dare seguito
alle trame del destino è divulgare questa storia e renderla permanente
rinominando questa misteriosa versione del Bagnetto verde con “Bagnet dal Re Vitòrio” … alla fine le cose buone non muoiono mai!
Cristiana e Virgilio.